VENEZIANO, MANFREDI E LA PARTITA DELL'"ADD...RIVEDERCI"

Data Evento: 
Mercoledì, Ottobre 7, 2020 - 19:30

"L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare", diceva il grande Gino Bartali. Sarebbe bello poter tornare indietro, ripercorrerli tutti, uno per uno, quei meravigliosi mercoledì: la partita di calcetto delle 19.30 della Banda Manfredi, costola del Circolo Canottieri Roma; la cena a fine partita. Da ieri sera, però, qualcosa è cambiato. Acciacchi fisici vari costringono infatti Manfredo "Dinetto" Manfredi, creatore della citata Banda, e Massimo Veneziano, presidente del Circolo e tra i più affezionati frequentatori dell'allegra comitiva, a salutare il calcetto del mercoledì. Ieri sera dunque è andata in scena la partita d'addio. Anzi, dell'"addrivederci", perché sebbene non si possa tornare indietro, nonostante sia tutto sbagliato, lo sbaglio più grande sarrebe credere che due tra i più assidui gladiatori di quei memorabili mercoledì mettano definitivamente la parola "Fine" a quelle partite dove vince chi segna ma soprattutto si diverte di più. Tra "gollonzi", svarioni, sfottò e palloni spediti al Tevere nell'illusione di aver compiuto chissà quale prodezza.

Ma sì, hanno voglia di scherzare anche stavolta, Massimo Veneziano e Dinetto Manfredi. Difatti, anche ieri sera hanno voluto dire la loro nella partita oramai tradizionale contro gli agguerriti dipendenti del Circolo. Ma prima, Dinetto, con la maglia azzurra numero 36 che sta per l'anno di nascita o forse "gli anni che si sente realmente sulle spalle" (pensieri e parole della figlia Michela), ha voluto lanciare un messaggio forte e chiaro, entrando in campo mano nella mano con il nipotino Adriano, 4 anni e appassionatissimo minicampione nella scuola calcio del Canottieri Roma. La dinastia Manfredi che si rinnova e porta avanti la tradizione. Poi l'arrivo del presidente Veneziano, scambiando due passaggi di riscaldamento per poi studiare la fascia da presidiare. Poco lontano da lui suo figlio Federico, a proposito di dinastie e tradizioni famigliari. "Fumosa" l'accoglienza dei dipendenti con torcioni da stadio, cori e applausi.

Diradato l'effetto dei fumogeni, la partita. Anzi, le partite: dipendenti contro Banda Manfredi in maglia azzurra, quella di Dinetto, e gialla, quella del presidente. La cronaca? Beh, piuttosto scarna nonostante i tanti gol. Difese in tutti i sensi allegre e voglia matta di cercare il gol, tra sgroppate sulla fascia non sempre fruttuose e urla per richiamare all'ordine i compagni. Queste ultime da ricordare a fine partita a Fausto Testa (anche applaudito chef, coadiuvato da Fausto Salustri, Mohamed Ali Oueslati, Domenico Paolemili e Giovanni Lucecchini), per intenderci... Come si dice in questi casi, Banda Manfredi e squadra dipendenti si sono divise la "posta in palio": una vittoria per gli uomini in maglia azzurra (5-4, con due gol a testa di Barsanti e Bonino e uno di Enrico Pieri; due di Cafà, uno di Stefanelli e Barrano dall'altra parte), una vittoria per i "multicolor" contro la Banda Manfredi in tenuta "orange" (tennistico 6-3, in rete Iaccarini e due volte Messina; doppietta di Barrano, un gol a testa per Nuccilli, lo stoico Garau, Cafà, Acerra per i dipendenti). Arbitro l'inflessibile (diciamo quasi) Piero Pieri. In mezzo gli applausi, tanti, teneri e sinceri, per i due giocatori ai saluti. E anche qualche chicca per gli spettatori distanziati in tribuna dispensata proprio da Dinetto. Tra queste l'aneddoto con protagonista il celebre Giorgio Chinaglia che in una Coppa Canottieri Over 50, per rappresentare il C.C. Roma, vestì per la prima volta una divisa giallorossa. Ma raccomandando i compagni di squadra di fede laziale di indossare qualcosa di biancoceleste sotto.   

Non male e accolto come manna dal cielo il "terzo tempo" in stile rugbystico, con una fantastica grigliata bagnata da fiumi di rosso amabile in zona solarium. Messa così, a ben rifletterci, di sbagliato non c'è assolutamente nulla. Il tempo? Gli acciacchi? Ricordi. Capite perché abbiamo parlato di "addrivederci"?     

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