ROVESCI SBAGLIATI, LIBRO GIUSTO

Data Evento: 
Venerdì, Aprile 5, 2019 - 18:30

Parlare di tennis, di quella malattia chiamata tennis, davanti a un caminetto. Ovviamente spento, visti i tempi. Parlarne col sorriso, sebbene si descrivano manie, paranoie, frustrazioni, tic e tanti colpi sbagliati. Del resto fanno parte del gioco, e che gioco... Boris Demcenko ha parlato ieri, al Circolo Canottieri Roma, di quella malattia con fare sicuro e un vocione che trascina e rassicura. Lo ha fatto presentando il suo "Un milione di rovesci sbagliati", romanzo d'esordio nato dall'esigenza di raccontare. Accanto a lui, imprenditore prestato alla scrittura, i giornalisti Francesco Acampora e Pietro Suber

Un romanzo-patchwork, "Un milione di rovesci sbagliati". Vari pezzi di vita vissuta sui campi da gioco e imbrigliati all'interno di una storia. La storia dei fratelli Adriano e Nicola (nomi tanto per rimanere nell'ambito della malattia tennis) Argentieri. Mentre Nicola, numero 4 della classifica Atp, veleggia senza problemi nel tabellone degli Internazionali, l'altro, ex grande promessa del tennis, perde malamente al primo turno contro uno sconosciuto. L'ennesima conferma di aver gettato al vento il suo talento sprofonda Adriano in una cupa depressione. Lucio, amico di entrambi, prova a rincuorarlo, riuscendo a mettere Adriano di fronte a se stesso in una sorta di seduta psicanalitica, in cui lo spinge a raccontargli tutto ciò che passa nella sua testa di tennista ferito. Nicola intanto prepara il match dei quarti contro il giovane ceco che ha eliminato il fratello. Vince facile il primo set, ma nel secondo si capisce che qualcosa non va come dovrebbe... "Ecco un vero romanzo sul tennis", chiosa sulla copertina del libro l'Adriano in carne e ossa, ossia Panatta.

Dopo il saluto iniziale del consigliere alle manifestazioni del Canottieri Roma nonché appassionato tennista amatoriale, Edmondo Mingione, Acampora e Suber hanno aperto la presentazione ricordando entrambi il Giorgio Bassani de "Il giardino dei Finzi Contini". Una pietra miliare nella narrativa italiana, in cui il tennis da pretesto diventa collante tra i personaggi, poi sfondo insostituibile. Un'opera citata non per cercare paragoni, quanto per comprendere il significato di un percorso.

"Mi sono innamorato di tutto ciò che non si vede in questo sport, dell'aspetto mentale - ha spiegato Demcenko, lontane origini ucraine - Questo sport è quanto di più vicino alle battaglie tra gladiatori nell'Impero Romano. Una dimensione unica dove anche i fenomeni, o presunti tali, restano esseri umani".

Dunque, portando tutto su carta, "i personaggi che racconto incarnano paradigmi. Adriano è genio e sregoletazza, Nicola è razionale e concreto. Insieme rappresentano un dualismo che tutti noi giocatori ci portiamo dietro". Sì, come dentro uno zainetto, come i mille postumi di quella malattia. Mentre la gente continua a sbagliare rovesci, come è normale, umano, giusto che sia così.       

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