Nicola Pietrangeli: Un’icona che attraversa epoche

Un’icona che attraversa epoche Nicola Pietrangeli — nato l’11 settembre 1933 a Tunisi Con 48 titoli conquistati nel corso della carriera — tra cui due volte gli Roland Garros (1959 e 1960), vari successi negli Internazionali d’Italia e altri tornei europei — e un primato storico nella Coppa Davis: 164 match giocati e 120 vinti. Non fu soltanto un asso della racchetta, ma un artista della terra rossa — con un gioco elegante, una classe innata, e una personalità capace di far vibrare l’immaginario collettivo: sportivo, sì, ma anche un simbolo di stile, di fascino, di “dolce vita” tennistica.

Il legame con il Circolo Canottieri Roma — una casa, un’identità Il Circolo Canottieri Roma non fu solo un luogo dove fare sport per Pietrangeli: divenne la sua casa, il suo “salotto sportivo”, il contesto in cui la sua figura — già leggendaria — si radicò nella comunità romana. Per decenni fu socio e punto di riferimento: da “giocatore di fama mondiale” a “presidente onorario” del Circolo, riconoscimento con cui il club nel 2013 celebrò i suoi 80 anni. Le manifestazioni del club — feste, cene di gala, tornei sociali — spesso ruotavano attorno a lui, occasione di condivisione tra soci, amici, amanti del tennis e della romanità. E non è un dettaglio di ordinaria amministrazione: significa che la sua scomparsa non segna soltanto la fine della carriera di un campione, ma lascia un vuoto in un pezzo di storia sportiva e comunitaria romana. Il Circolo perde un simbolo, una memoria viva.

Trionfi, contrasti, la Coppa Davis del ’76 — un capitolo intenso Come giocatore, Pietrangeli dominò la scena negli anni ’50 e ’60: il suo stile raffinato, l’eleganza dei colpi, la resistenza sulle superfici lente lo resero una leggenda. Dopo il ritiro, divenne capitano della nazionale italiana, e fu proprio lui a guidare la squadra alla storica vittoria della Coppa Davis nel 1976 — il primo trionfo azzurro nella manifestazione. Una vittoria segnata anche da tensioni: pressioni politiche, il dibattito sul boicottaggio del Cile, divergenze all’interno del gruppo. Pietrangeli, con determinazione, volle onorare l’impegno sportivo nonostante tutto. Fu un momento spartiacque: il successo non era solo tecnico, ma anche simbolico. Un messaggio forte: per lui il tennis non era spettacolo o business, ma passione, identità, dignità. E anche negli anni successivi, pur sotto i riflettori di una generazione diversa, Pietrangeli rimase figura autorevole: la sua voce, il suo carisma, la sua storia — radicata anche nel Circolo — continuarono a influenzare il tennis italiano.

Dolori privati: la perdita del figlio, l’ultimo capitolo - La vita di Pietrangeli non è stata fatta solo di trionfi. Di recente, la famiglia ha attraversato un lutto doloroso: la scomparsa del figlio Giorgio Pietrangeli, a Roma nel 2025, dopo una lunga malattia. Un duro colpo per il campione, ricoverato in ospedale proprio in quei giorni. In una intervista recente, Nicola ammise le sue fragilità: la perdita del figlio aveva sconvolto gli equilibri, riportando al centro il valore della famiglia, del ricordo, dell’identità — lontano dal clamore dei trofei. La notizia della sua morte oggi porta a concludere la parabola di un uomo che, pur amato da migliaia, conosceva anche la solitudine del dolore. E forse è questo contrasto — tra gloria pubblica e sofferenza privata — che rende la sua storia ancora più umana, intensa, memorabile.

Un’eredità che dura — ricordo, memoria, appartenenza Nicola Pietrangeli ha rappresentato un’idea di sport lontana dai riflettori esasperati: passione, eleganza, integrità. Lo ricorderemo come uno dei pochi ad aver incarnato un tennis classico, nobile, autentico. Il legame con il Circolo Canottieri Roma — le sue presenze, la sua partecipazione, la stima dei soci — testimonia che la sua grandezza non era solo individuale, ma anche collettiva: un patrimonio di comunità, di identità sportiva e sociale. Il suo nome sarà per sempre legato non solo a palmarès e record, ma a valori: appartenenza, testimonianza, memoria. I campi di Roma, i tornei sociali, i racconti degli anziani del Circolo porteranno il suo ricordo — come campione, come uomo, come simbolo.

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